Melissa Ianniello – Wish it was a coming out

10 Aprile 2020

Wish it was a coming out

C’è una sincerità nelle persone che Melissa Ianniello ritrae, che quasi imbarazza. Una sincerità candida, profondamente intima, personale. Si spogliano davanti a lei, ma non dei vestiti. Sono disarmate, vengono in pace. “Noi siamo in pace”, ci dicono senza proferire parola, “e tu?”. 


È disarmante stare di fronte a una persona spoglia, ti chiede attenzione, cura, sensibilità, fiducia. È contagiosa, ti porta a fare lo stesso. Con questo atteggiamento si è presentata Melissa Ianniello di fronte alle persone che ha ritratto, nuda e sincera.«”Wish it was a coming out” parte da me, da qualcosa di biografico. Da adolescente mi sono scoperta attratta da altre ragazze, e se ho imparato presto a fare coming out, una cosa che invece non sono riuscita a fare è stato parlare di me, della vera me, ai miei nonni. Il progetto è nato a inizio 2018, quando ossessionata da questo coming out mancato, sono partita per un viaggio attraverso l’Italia e attraverso persone di età compresa tra i sessanta e gli ottant’anni con cui avrei dato vita a un dialogo-scambio che avevo purtroppo precluso ai miei nonni. Nasce come necessità di riscatto, azione catartica utile non soltanto a me, ma anche a chi ho incontrato». 


Melissa al telefono ha la voce precisa di chi sa quello che racconta perché sa quello che sente, polmoni pieni di parole da dire. Nel 2018 con “Wish it was a coming out” vince il Premio SI FEST Portfolio “Lanfranco Colombo” e arriva finalista al Premio “Marco Pesaresi” per la fotografia contemporanea, al Premio Voglino e al Portfolio Italia – Gran Premio Lumix. 


Penso al significato di se- ducere, e quando le chiedo quale sia la retta via dalla quale intende portare fuori lo spettatore, mi risponde «da quella dell’omologazione, della convenzione, del perbenismo e dell’ipocrisia. Il mio lavoro sfida tabù, ben due: quello della vecchiaia e quello dell’omosessualità, declinati insieme». Azione catartica: liberarsi da catene. 
E se se- ducere è “portare a sé”, coming out è “uscir fuori” inteso come uno svelarsi, scoprirsi, togliersi il velo. Nei confronti di chi? Forse del mondo? Certo, ma non solo. Mi scopro a me stessa, mi svelo, mi rivelo. Parte da questo fare coming out, da una sincerità nei propri confronti. Come vive chi lo ha fatto prima di noi? Cos’abbiamo da condividere? Cosa mi vuoi raccontare? Scopriamoci insieme, sveliamoci. 


Melissa davanti ad anziani sconosciuti, vicini per età ai suoi nonni e a lei per orientamento sessuale, si spoglia, e mentre aspetta che siano pronti a farlo anche loro un’ennesima volta, li ascolta, li guarda scoprirsi, e poi li ritrae, offrendo a noi l’intimità dei loro gesti, delle loro vite, delle loro case, della loro essenza. “Wish it was a coming out” come un distillato di umanità. 


Lo scopo di “Wish it was a coming out”, come mi spiega Melissa, non è quello di far emergere l’omosessualità dei suoi soggetti, ma l’intimità delle loro vite nelle loro case, fino a portare in superficie le esperienze creando così uno scambio intergenerazionale.”Vorrei fosse un coming out”, e il coming out al quale mi riferisco è proprio questo. Questo lavoro, a partire dalla possibilità di rimediare a quei silenzi che ci portiamo dietro da sempre, parla del desiderio di mettersi a nudo senza rinnegare alcuna parte di sé: ecco che riemerge, in un intreccio tra diversi temi, quello dell’identità». 


Immergersi attraverso loro. Ecco cosa ci chiede l’occhio della fotografa. E se il compito del vero Maestro non è quello di dare risposte ma quello di generare dubbi, Melissa Ianniello con “Wish it was a coming out” fa esattamente questo: davanti ai suoi scatti ci chiede di indossare uno sguardo rivolto verso l’interno di noi stessi. Un occhio guarda la nudità dei soggetti ritratti, un occhio cerca la nostra. Un orecchio ascolta quello che in silenzio loro ci chiedono, l’altro prova a sentire quello che noi vorremmo dirci, chiederci. 


Ringrazio Melissa e la saluto, sperando che le domande di “Wish it was a coming out” risuonino come eco in tutti noi spettatori.

Gloria Perosin